3 - La mulattiera e la miniera del Lac Gelé



# Guarda le foto: che cosa ti colpisce di questa mulattiera? Come pensi che fosse trasportato il materiale? Rispondi sul tuo taccuino.
La mulattiera che porta al Lac Gelé è molto particolare. Si tratta di una stradina che si inerpica fino a circa 2.600 metri di quota, quasi interamente lastricata con pietre lisce e realizzata con pendenza il più possibile regolare e costante. In alcuni punti sono stati addirittura costruiti dei muretti di pietra per sostenerla! Tutto questo lavoro perché, in montagna, non era pensabile utilizzare carri con ruote. L’unica possibilità per trasportare alla fonderia i minerali estratti, coprendo il dislivello di 900 m che la separava dalla miniera, era farli scivolare su delle slitte. Il carico era estremamente pesante, per via dell’alto contenuto di ferro, così il trasporto richiedeva un lavoro davvero massacrante che, nella ripartizione delle attività di coltivazione delle miniere, normalmente toccava agli abitanti della zona impiegati come “traineurs”.
Una volta depositato il carico, occorreva riportare in quota le slitte, massicce e molto pesanti anche da vuote. Seguiamo con il pensiero il ritmo lento della salita, trainando le slitte sulle lastre di rocce e, dopo ore di fatica, finalmente ecco la miniera!
Siamo tra 2400 e 2600 m di altitudine. Qui l’inverno è lungo e rigido e la neve rende impossibile raggiungere il sito. Le attività di scavo dovevano quindi essere concentrate nei pochi mesi estivi. A oggi non abbiamo informazioni sulla vita dei minatori al Lac Gelé. Probabilmente, durante la breve stagione di lavoro gli operai vivevano nella piccola casa di pietra che si trova poco al di sopra della miniera, conservavano attrezzi e derrate nel magazzino poco distante e forse facevano turni per garantire la massima produttività al sito minerario. Prima che fosse costruita la fonderia de La Servaz fondevano il minerale direttamente in loco, come testimonia la presenza di una fucina.
All’inizio del 1700, il minatore scavava con mazza, piccone, punta, scalpello e pala. Utilizzava inoltre la polvere da sparo per provocare esplosioni che spaccavano la roccia. Il lavoro era faticoso, lento e pericoloso. Inoltre c’era sempre l’incertezza sul risultato, in particolare quando si cercavano nuovi filoni. L’esperienza del minatore era allora fondamentale: si osservava la pietra, lasciandosi guidare dalla presenza di patine rugginose particolarmente importanti oppure da acque color ruggine. Si avviava poi uno scavo esplorativo, per individuare la direzione e la consistenza del filone. Le bancate del Lac Gelé potevano raggiungere uno spessore di oltre un metro ed erano note per fornire un ottimo materiale: una vera benedizione per i minatori. La sua posizione in quota, la sua difficile accessibilità e il suo isolamento furono invece i fattori che ne resero antieconomico lo sfruttamento a partire dal 1900, determinandone il graduale abbandono.
←Indietro: QR 2 – Le aie carbonili ⋅ Avanti: QR 4 – La rupe di pietra verde →